Una volta lasciata Saragozza, ci separavano circa 90 chilometri dalla nostra successiva destinazione che, in un certo senso, ha rappresentato la meta del nostro viaggio, l’Hotel Aire de Bardenas.
Può un hotel costituire la motivazione attorno a cui progettare una vacanza? Mi sono posta questa domanda un paio di volte durante le nostre ore di macchina. La risposta mi si è palesata con assoluta bellezza e semplicità appena individuato l’ingresso al Aire de Bardenas. Un campo di grano e una decina di casse di legno disposte una sopra l’altra (utilizzate nella zona per il trasporto di frutta e verdura), lungo gli argini di una strada sterrata e circondate da cespugli incolti, l’insegna incollata in cima, semplice, niente fronzoli, sono il benvenuto che questa struttura e questo paesaggio dal fascino lunare porgono ai viaggiatori che arrivano in Navarra.
La reception accoglie gli ospiti avvolta in un profumo fresco e piacevole di fiori ed essenze. La ragazza spagnola che registra la nostra permanenza parla un inglese dolce e scorrevole ed è una delle tante di un personale tutto al femminile. In qualche minuto siamo dentro la stanza, un cubo di luce diffusa, teli bianchi e legno chiaro. Il finestrone davanti al letto ci mostra il piccolo cortile privato con vasca circolare, salottino e alberello. Tutto è estremamente semplice, perfetto, curato nel minimo dettaglio, tutto stimola la nostra creatività. Ma decidiamo di andare subito a fare un sopralluogo nel territorio da cui trae il nome l’hotel, le Bardenas Reales. Si tratta di un parco naturale semidesertico situato nella provincia di Navarra, nella Spagna settentrionale. I colori che la caratterizzano sono il rosso dei suoi rilievi argillosi e il bianco della sabbia e del terriccio delle strade che la attraversano. Inutile negarlo: da prima di partire ho immaginato le foto che avrei fatto in questo imponente paesaggio e il mio compagno di viaggio mi ha aiutata a realizzarle. Il pomeriggio era nuvoloso ma il mood era comunque affascinante, ottimo alleato di una passeggiata stanca di ormai fine giornata.
Torniamo in hotel accompagnati dal polverone di sabbia bianca lasciato dalla macchina lungo il percorso per uscire dalle Bardenas, la sensazione era quella in realtà dell’inizio di un’altra piccola vacanza dentro la vacanza. L’hotel Aire de Bardenas è questo che fa, ti porta dentro un nuovo mondo, un piccolo pianeta da esplorare, semplice e tuttavia studiato in ogni suo angolo più nascosto. Dopo un’ottima cena nell’elegante e accogliente ristorante dell’hotel, torniamo in camera percorrendo uno dei sentieri esterni illuminato in modo impeccabile e suggestivo.
La mattina ci svegliamo senza volerlo alle 6, siamo in piedi alle 6:30 e alle 7 vaghiamo per l’hotel con le nostre macchine fotografiche in mano. Quando tutto è perfettamente fotografabile puoi assumere anche le sembianze di un matto, per fortuna avevo con me la persona giusta che con i capelli ancora spettinati provava le mie stesse emozioni e travolto da una continua ispirazione, ha girovagato fino all’ora della colazione armato di camera. Abbiamo assistito ad una meravigliosa alba dalla piscina e curiosato nell’orticello coltivato a lattuga, menta e piante aromatiche, fino a quando il sole ha illuminato tutto dall’alto di un cielo turchese.
26 gradi nel primo pomeriggio, temperatura ideale per stendersi a bordo piscina (e fare qualche foto ovviamente) circondati dal silenzio e scaldati da un calore che sa di casa. Continuavo a fare piccole riflessioni sulla bellezza di questo posto, guardavo le pale eoliche in cima alla collina di fronte, sembravano girare con allegria ed eleganza quasi volessero partecipare anche loro a questa perfezione.
Per la nostra seconda visita alle Bardenas, siamo stati così fortunati da essere accompagnati ancora dal tempo e dal clima giusto, quello che speravo e che volevo vivere: il deserto, caldo, sabbioso, che ti riempie di polvere e ti fa sentire dentro un western. Tutto era più bello e surreale di quanto avessi immaginato.
L’Aire de Bardenas con il suo paesaggio unico, è un posto che ti fa sentire privilegiata perchè ti porta lontano, su un altro pianeta, ti fa apprezzare la semplicità delle cose fatte con il cuore e la genialità dell’essere umano, ti fa capire quanto i dettagli possano fare la differenza e contribuire a dar vita ad un ambiente quasi lunare, facendoti viaggiare più lontano di quanto avessi programmato.
El cielo, la luna, las estrellas. El lujo de lo sencillo. Arquitectura, naturaleza y diseño. Lo natural.
Sono le 23 circa quando atterriamo in Spagna, motivo per cui decidiamo di prenotare una stanza a Girona che per me, fino al mattino successivo, era famosa solo per essere la città/scalo per andare a Barcellona. Alle 9:30 del nostro primo giorno di viaggio stavamo attraversando a piedi uno dei ponti che passa sopra il fiume Onyar. Passeggiare a Girona è quasi un’esperienza sensoriale.
Se si chiudono gli occhi si potrebbe giurare di essere stati trasportati in mezzo a un campo di fiori, l’aria che si respira è profumata e in certi punti del centro storico la città assomiglia davvero a un prato per la quantità di vasi e addobbi floreali che la abbelliscono.
Se si guarda verso l’alto penseresti di aver fatto un viaggio nel tempo e di ritrovarti in una ridente cittadina medievale, non a caso palcoscenico di numerose scene di una delle mie serie preferite, Game of Thrones.
Se ci si guarda semplicemente attorno, l’effetto complessivo sarà quello di aver comprato il biglietto per una galleria d’arte, disseminata di installazioni e particolari composizioni di origami, teli bianchi, fiori e quant’altro che fanno da soffitto ai numerosi vicoli di antiche pietre e mura.
Ogni negozio di Girona è invitante, ogni pub, bar e ristorante, vetrina e balcone, era curato e delizioso. Girona è stato l’inizio perfetto del nostro viaggio e soprattutto una piacevole smentita, di fronte alla quale la mia superficiale considerazione di questa città è svanita nel giro di qualche minuto.
Nel pomeriggio di quello stesso giorno inizia il nostro road trip che ci porterà a Saragozza, dove abbiamo prenotato per due notti in un hotel vicino alla piazza principale della città. Siamo circa 400 chilometri più vicini a quella che in parte abbiamo considerato da subito la meta principale del nostro viaggio, protagonista del mio prossimo post.
Saragozza è una grande e importante città della Spagna, quinta per numero di abitanti e l’aria che si respira è quella che ritrovi nei grandi centri di interesse turistico.
Camminiamo con calma e con addosso ancora la stanchezza delle ore trascorse in auto la sera prima, assaporando quella tranquillità tipica della domenica mattina.
Plaza del Pilar è la più importante piazza della città e ti mette quasi in pace con te stesso, è armoniosa e rilassante, non a caso conosciuta anche come il salotto della città, circondata da imponenti strutture tra le quali la Cattedrale, una Basilica, un importante museo e palazzi storici.
Da Plaza del Pilar si diramano strade commerciali e stradine dalle quali si innalza ad ogni ora un vociare allegro di turisti che passeggiano, mangiano tapas seduti all’aperto, sorseggiano sangria, scattano foto. Il clima è piacevole, un gelato ci sta proprio bene. Helados Italianos è vantata come la migliore gelateria a Saragozza, è a due passi tra l’altro dal nostro hotel, ma sarà qui che vivrò l’unica delusione del viaggio: il pistacchio.
Andiamo via da Saragozza con un cielo grigio, residuo della pioggia della notte precedente. Un’ora circa di macchina ci separa da un posto che ci emoziona al solo pensiero. Ci guardiamo, sorridiamo, ormai siamo vicini.
Oggi condivido la seconda parte delle foto che ho scattato negli ultimi mesi con il mio cellulare.
Ci sono i backstage di tre shooting, di cui presto potrò condividere i risultati, le foto di qualche gita fuori porta e i miei tanto amati tramonti.
Veronika è una delle modelle che ho conosciuto e fotografato a Milano. Per questo set Alice, un’amica truccatrice che vive lì da diversi anni, si è occupata di make up e acconciatura, apportando il suo contributo artistico alla serie con un tocco di originalità e donando alla modella un aspetto fresco e glamour.
La location scelta è la terrazza di un locale che affaccia su una bellissima piscina, che per mia sfortuna, non ho fatto in tempo ad utilizzare come set.
Veronika è stata molto dolce e disponibile, professionale come tutte le ragazze che ho fotografato in quei mesi, nonostante il caldo che ci ha accompagnate fino alla fine del servizio.
Abbiamo iniziato a scattare verso le cinque del pomeriggio, sfruttando l’ombra degli alberi che circondano la terrazza. Per alcune di queste immagini mi sono fatta aiutare da Alice che all’occorrenza mi ha dato una mano con un pannello riflettente.
Grazie ancora per il bellissimo pomeriggio!
Model: Veronika @Wonderwall Management Milano
Make up + hair styling: Alice Fadda
Ero già stata a Venezia diversi anni fa ma non ho mai ripensato con grande entusiasmo o emozione a quei giorni, forse a causa del cattivo tempo che ci aveva accompagnato per tutta la durata della vacanza. Avevo di Venezia dei ricordi troppo grigi, troppo freddi, troppo cupi. Inoltre, non so bene perché, ripensando a quel viaggio non riuscivo a visualizzare altri posti se non Piazza San Marco, come se fisicamente fossi stata solo in quel punto della città. Tuttavia ero felicissima di poterci tornare, sapevo che questa volta sarebbe stato diverso. Nonostante mi trovassi lì per lavoro e solo per 12 ore, ho avuto modo di apprezzare finalmente questa magica e unica città. La giornata, studiata alla perfezione dal team, prevedeva un mini tour attraverso alcune delle principali attrazioni (Piazza San Marco, lo storico Caffè Florian, la Libreria Acqua Alta) e mi ha consentito di visitare alcuni suggestivi e affascinanti canali grazie a qualche ora di navigazione sulla gondola e sul taxi boat (che abbiamo sfruttato anche come set). Questi posti meravigliosi hanno rappresentato una cornice a dir poco straordinaria per le foto che ho scattato per Pollini. Ho adorato ogni singolo vicolo e ponte, ogni strada, ogni spiazzo era per me fonte di ispirazione continua. Ero felicissima di dover fotografare una modella, ma allo stesso tempo non volevo perdere l’occasione di portare via qualche foto ricordo della città.
Queste del post di oggi sono le immagini che sono riuscita a catturare con il mio Iphone tra uno spostamento e l’altro, più qualche foto di backstage. Sono state scattate di fretta, ma come al solito, son felice di averle adesso davanti a me.
Adesso posso dire di avere, finalmente, un ottimo ricordo di Venezia.
Ho centinaia di fotografie, non pubblicate, del viaggio in Thailandia e mentre da poco le riguardavo, mi ha fatto sorridere la quantità di foto che ho scattato ai miei piedi. Sembrerà una raccolta strana e in effetti forse lo è. Non so bene cosa mi spinge ogni volta a fotografare le superfici su cui cammino, ma ne ho tante, non soltanto scattate in Thailandia. Forse è il contatto con la terra, l’atmosfera di quel momento, un modo per ricordarmi che io ero lì, che ci sono stata davvero. A volte invece è semplicemente doveroso fotografare quel pavimento, quella texture o le tracce del passaggio di chissà quanti granchi durante la notte sulla spiaggia.
Le ho messe insieme, rivissuto tutti quei momenti e ad ognuna di queste immagini riesco ad abbinare il ricordo esatto del mio stato d’animo.
Per me, è soprattutto questo che è in grado di fare la fotografia.
I giorni su quest’isola sono stati lenti, caldi, avvolgenti. Non avevamo una routine ma ormai le giornate erano scandite da alcuni ritmi che abbiamo iniziato a seguire senza rendercene conto. A Koh Jum ci svegliavamo con il resto della foresta. I suoni che provenivano dalla fitta vegetazione alle nostre spalle sono stati la migliore sveglia della mia vita. Alle 6 eravamo già in spiaggia e ogni mattina era una sorpresa ammirare i disegni che i granchi e non so quali altri animali lasciavano sulla sabbia con le loro impronte durante la notte. Era tutto fermo e pacifico. Dopo aver fatto la nostra ottima colazione, prendevamo lo scooter e lenti andavamo verso quella che era la nostra spiaggia preferita al riparo dal vento che soffiava tutti i giorni. La strada che dovevamo percorrere è stata una delle mie parti preferite, un percorso lungo il quale non si incontravano macchine, ma al massimo motorini guidati a volte da ragazzini di 10-12 anni, oppure gruppi di scimmie sugli alberi o sull’altare di Buddha a curiosare tra le offerte. La natura selvaggia ci circondava in ogni angolo dell’isola. Una volta al giorno scendevamo verso il “paese” per trovare un po’ di connessione e comunicare con le nostre famiglie. Nel giro di due giorni credo che tutti ormai ci conoscessero.
Abbiamo anche avuto occasione di andare ad una festa in spiaggia. Il bar per quanto umile e costruito in maniera rudimentale, era bellissimo. Gestito ovviamente da ragazzi del posto che per la serata proponevano musica dal vivo e grigliata di pesce e pannocchie di mais. I cocktail erano buonissimi e dopo esserci rilassati, ascoltato un po’ di buona musica davanti ad un tramonto bellissimo e mangiato del freschissimo pesce arrosto, siamo tornati a Coral Bay. Attraversare la foresta al buio, buio completo, è stata un’esperienza elettrizzante. Non ero proprio rilassata ma felice di poterlo fare, anche perchè non ero io a guidare! Lo scooter illuminava la strada davanti giusto il tanto per permetterci di evitare le buche, il resto era oscurità.
Abbiamo visitato e fotografato alcune spiagge completamente deserte, questo era stato nelle mie fantasie il viaggio in Thailandia. Non mi aspettavo potesse accadere in quei giorni, ma quell’isola ha rappresentato quella parte del viaggio a cui ripensi quando sei a casa, sorridente ma con un nodo in gola.
Lasciare Koh Jum è stato un po’ doloroso, ma ogni giorno guardavo all’orizzonte le sagome delle Phi Phi Island, a circa un’ora di navigazione da Coral Bay, fantasticando su quelle meravigliose spiagge e baie. Così abbiamo scelto la successiva destinazione.
La mattina del nostro settimo giorno una barca è venuta a prenderci in spiaggia ed è stato molto commovente ripartire così.
Siamo saliti a bordo e caricato i nostri zaini, con gli occhi lucidi guardavo Koh Jum diventare sempre più piccola e prima di voltarmi a osservare le Phi Phi sempre più vicine e sgargianti, ho ringraziato e sperato con tutto il cuore di poterci un giorno tornare.
Il viaggio verso la Thailandia prevedeva lo scalo in Giordania, ma una volta arrivati ad Amman, dopo le 4 ore di volo da Roma, abbiamo scoperto che l’aereo che avrebbe dovuto portarci a Bangkok era in ritardo.
Stavamo aspettando il pullman che ci avrebbe portato all’albergo, offerto dalla compagnia aerea ai passeggeri in transito, ai quali toccavano 8 ore serali di attesa.
Fumando una sigaretta davanti all’uscita dell’aeroporto abbiamo scambiato quattro chiacchiere con dei ragazzi francesi, su quello che avevamo intenzione di fare in Thailandia e sui posti che avevamo in mente di visitare. Loro andavano lì per la seconda volta e tra le varie mete che ci hanno consigliato, una in particolare ha catturato la nostra attenzione. Koh Jum. “E’ un’isola bellissima, ci sono delle spiagge poco frequentate ma molto belle, tranquillità, folta vegetazione, pochissimi turisti.. la corrente elettrica però non c’è a tutte le ore del giorno“. Ho segnato Koh Jum sul cellulare e proprio a Krabi questo nome che nel frattempo avevamo un po’ dimenticato, ci viene di nuovo consigliato da Marat. Alle informazioni già in nostro possesso aggiunge che gli abitanti sono “friendly” come gli amici che abbiamo conosciuto in quei due giorni a Krabi. Si, era vero. A Koh Jum non hanno sempre la corrente elettrica e a conferma di questo il bungalow di cui stavamo leggendo le informazioni prima di prenotare, specificava che dalle 6 del mattino alle 15 circa non era garantita l’elettricità, fornita per il resto del giorno da un generatore.
Abbiamo deciso la notte prima di lasciare Krabi che avremo passato i successivi tre giorni a Koh Jum.
Marat e suo marito ci hanno accompagnati al pier che collega Krabi a Koh Jum, dopo aver salutato con un grande abbraccio la dolcissima Marat, siamo saliti sulla barca che nel frattempo aveva caricato viveri e alimenti di vario genere, sacchi di verdura e carne, riso, ortaggi e un frigorifero.
Eravamo noi e tre ragazze inglesi, questa merce e i nostri traghettatori.
Abbiamo navigato lentamente per circa un’ora passando tra isolotti nei quali si poteva scorgere solo foresta.
Una volta arrivati a Koh Jum ho capito da subito che il posto era davvero diverso da quello visto fino ad allora. Abbiamo conosciuto subito la nostra tassista, una sorridente ragazza che ci ha accompagnati al nostro resort. 40 minuti circa di strada.
Lungo il tragitto ci siamo fermati per prendere in affitto uno scooter e proseguito dietro il tuc tuc che portava i nostri bagagli. Abbiamo percorso una strada a dir poco magnifica, attraverso la foresta e quelle che sono le case dei pochi abitanti dell’isola.
Con Coral Bay è stato amore a prima vista. Il nostro appartamento era molto semplice, camera da letto e bagno, ventilatore e zanzariera attorno al letto, che lasciava poco spazio all’interpretazione per quanto riguardava la presenza di insetti e zanzare (che a dispetto delle previsioni non ci hanno assolutamente dato problemi).
A ridosso della foresta e a 50 passi dalla spiaggia che non era una classica spiaggia da cartolina, ma la sabbia era bianca, pulita e non c’era nessuno. Selvaggia, con la vegetazione della foresta alle sue spalle che si estendeva fino alla sabbia stessa e un fondale roccioso e scuro.
Il resort offriva il servizio di ristorazione, il migliore dell’intero viaggio. Colazione, pranzo e cena sempre impeccabili e davanti al mare.
Koh Jum ci ha accolto da subito nel migliore dei modi e noi non sapevamo che quell’isola così povera sarebbe stata alla fine la parte più ricca del viaggio, il posto che ti entra dentro e non se ne va.
Dopo aver parlato con Yu, la figlia del titolare, siamo tornati in camera a sistemare la nostra roba e a conoscere i nostri simpatici vicini di appartamento che proprio dietro la nostra casetta saltavano di ramo in ramo, dandoci il miglior benvenuto che mai potessimo immaginare.
Così come non potevamo immaginare che gli iniziali tre giorni programmati sarebbero diventati prima quattro e infine una settimana intera, perchè da lì non volevamo proprio andar via.
Grazie a Marat abbiamo trovato il modo di vedere le spiagge che rendono Krabi una delle mete più ambite della Thailandia.
Il solo modo per arrivare alle isole è farsi accompagnare in un tour a pagamento da uno dei tanti thailandesi in possesso delle classiche longboat oppure prenotare una gita con i barconi turistici più affollati.
Siamo salpati la mattina alle 9:30 dalla spiaggia davanti al nostro resort e navigato per circa 45 minuti in direzione della prima isola, Chicken Island. Finalmente avevo davanti a me quei famosi isolotti dalla pareti scoscese a picco sul mare, ricoperti di folta vegetazione e che disseminano le coste della Thailandia.
Purtroppo le spiagge più belle sono spesso popolate da decine e decine di visitatori, ma non sempre le barche possono attraccare in spiaggia e non sempre i turisti che le riempiono sanno nuotare. Così dopo il primo tuffo nelle acque cristalline e calde del Mare Andamano e qualche decina di bracciate, ci siamo ritrovati da soli sulla splendida e candida spiaggia di Chicken Island.
Mi sono sdraiata sul bagnasciuga chiudendo gli occhi e ho sentito la felicità di un sogno che si stava realizzando. La Thailandia credo sia un posto che tante persone vogliono visitare, e io lo stavo facendo. Ero circondata ancora una volta da una bellezza disarmante, dall’estate e dal silenzio.
Ma la giornata è proseguita, ed è stato un susseguirsi di spiagge e isole meravigliose, di sabbia bianca, mare cristallino, scenari che la tua fantasia costruisce quando provi a immaginare un’isola deserta. Ero lì e a tratti non mi sembrava vero di aver quella fortuna.
L’unico inconveniente della giornata è stato il mare mosso al rientro. 50 centimetri di onda possono rappresentare un problema per una persona che ha la fobia del mare agitato. Quei 45 minuti mi sono sembrati un’eternità durante i quali nella mia mente ho vissuto gli scenari più catastrofici.
Siamo sbarcati sani e salvi, mi sono guardata indietro verso le sagome delle isole appena salutate e sorrido, un po’ a denti stretti, ma sorrido.
E’ stata una meravigliosa giornata di colori nonostante tutto famigliari, così come i gesti compiuti la sera, al termine di un giorno passato al mare: spalmarsi la crema e controllare i primi segni di quella che diventerà una indimenticabile e bellissima abbronzatura!